Ricordando René Magritte

Pittore tra i più amati dal pubblico degli appassionati, soprattutto per la capacità di trasmettere con il suo segno pulito e la suggestione della luce il lato arcano delle cose, René Magritte si spegneva il 15 agosto del 1967 per un male incurabile che in breve tempo non gli aveva lasciato scampo. 

Maestro surrealista che ha saputo rispecchiare, al tempo stesso, con ironia e spietata efficacia narrativa le inquietudini dell'uomo contemporaneo e della sua mente affollata di quesiti perennemente insoluti, a 50 anni dalla morte Magritte si riconferma, più di ogni altro, icona del '900, come dimostrano le numerose iniziative messe a punto per celebrare l'anniversario.

Nato a Lessines, in Belgio, nel 1898, ad appena 14 anni René Magritte subiva il fortissimo choc del suicidio della madre, buttatasi nel fiume Sambre e, secondo una versione ricorrente, rinvenuta con la testa avvolta nella camicia da notte. Un immagine tragica che avrebbe toccato profondamente la sensibilità del giovane, tanto da riproporla a più riprese anche nella propria produzione pittorica. Basti pensare a dipinti come 'L'histoire centrale', 'Les amants' o 'Le fantasticherie del passeggiatore solitario'. Nel giro di pochi anni, René rivolgeva i suoi interessi alla pittura, fino a iscriversi, nel 1916, all'Accademia di belle arti di Bruxelles, dove si era trasferita la famiglia e, poco dopo il matrimonio con Georgette Berger, nel 1923 iniziava a lavorare come grafico, principalmente nel design di carta da parati.

Se gli esordi da pittore si erano mossi nel segno delle avanguardie storiche, guardando sia al cubismo sia al futurismo, la svolta surrealista, sua cifra più evidente, prendeva invece corpo con la scoperta dell'opera di Giorgio de Chirico, in particolare di 'Canto d'amore', in cui immediatamente Magritte individuava "un nuovo modo di vedere". L'incontro con André Breton lo introduceva con entusiasmo e definitivamente nella corrente surrealista, diventando nel corso dei due decenni successivi il punto di riferimento della scuola belga, i cui rappresentanti più importanti si riunivano proprio nell'appartamento dell'artista (ora casa-museo).

Pittore prolifico, con all'attivo ormai numerose esposizioni, nel periodo bellico trovava rifugio nel sud della Francia, a Carcassonne, dove, nella sua sperimentazione incessante, dava il via a una nuova fase espressiva ideando un nuovo stile, detto alla Renoir o solare. Ma fino alla morte, avvenuta il 15 agosto del 1967 a Bruxelles, poco dopo la comparsa di un improvviso cancro del pancreas, la sua originalissima cifra è costituita dal cosiddetto 'illusionismo onirico', grazie al quale oggetti comuni e brani di realtà si mescolano, e si armonizzano, in modo assurdo.

Ecco il paio di scarpe che si tramutano nelle dita di un piede o il paesaggio simultaneamente notturno nella parte inferiore e diurno in quella superiore, la finestra aperta sulla natura che si trasforma nella tela di un quadro, poggiata sul cavalletto. Le tonalità sono fredde, ambigue come quelle del sogno, in grado di far scaturire dalle loro combinazioni un vero e proprio cortocircuito visivo e, unite a uno stile da illustratore (mai abbandonato), ribadiscono l'insanabile distanza, per l'artista, tra realtà e la sua rappresentazione pittorica.

Nicoletta Castagni, ANSA 15 agosto 2017

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