Tra poesia visiva e mail art. 107 Cartoline d’Artista
“Tra poesia visiva e mail art. 107 Cartoline d’Artista” è la nuova personale del maestro MARCELLO DIOTALLEVI alla Galleria Arianna Sartori di Mantova, in via Cappello 17.
Curata da Arianna Sartori, e organizzata con la collaborazione della galleria Spazio e Immagini di Bologna, la mostra verrà inaugurata Sabato 14 ottobre alle ore 17.00 sarà visibile al pubblico fino al 26 ottobre 2023 con orario: dal Lunedì al Sabato 10.00-12.30 / 15.30-19.30, Domenica chiuso.
MARCELLO DIOTALLEVI. L’ESPLORATORE DI CORRISPONDENZE
Marcello Diotallevi è una figura irregolare o meglio refrattaria alle collocazioni che attraversa ormai da più di 40 anni il territorio dell’arte. Si potrebbe quasi dire che egli sia una figura chiave o forse un maestro, anche se credo che lui per primo sfuggirebbe volentieri da questa definizione. Sarebbe meglio dire che Marcello Diotallevi è una sorta di pioniere e di esploratore di territori ignoti, prima nel segno di quell’avanguardia artistica e letteraria conosciuta come Poesia Visiva e poi, nel corso degli anni ‘80 e ‘90 della Mail Art, praticata attraverso il network sovranazionale della corrispondenza creativa.
Marcello Diotallevi per la sua pratica verbovisuale si inserisce felicemente in quella compagine di autori della Poesia Visiva che, sebbene egli sia più giovane di loro, lo accolgono a braccia aperte.
In una autodichiarazione poetica caratterizzata dalla sua consueta ironia e che ben descrive il clima di un decennio ormai passato alla storia e spesso anche alla geografia egli scrive: / Non sono mai stato così povero/ da aderire al Poverismo/ di Germano Celant./ E neppure sufficientemente/ trans da appartenere alla/ Transavanguardia /di Achille Bonito Oliva./ Fui, invece, amorevolmente accolto dalla Poesia Visiva/ teoricopriva./
Si tratta di una presa di posizione determinatissima dove egli ribadisce la propria adesione o meglio appartenenza a una compagine di autori internazionale piuttosto varia caratterizzata da un’ampia apertura intellettuale che va, senza soluzione di continuità, da Lamberto Pignotti a Mirella Bentivoglio e Lucia Marcucci, da Jiří Kolář a Julien Blaine e molti altri ancora.
La disposizione di Marcello però, che è già quella di un ragazzo proiettato negli anni ‘80, fa sì che alla ritualità stanca delle mostre in galleria, affianchi ben presto la più stimolante strategia del network all’insegna dell’opera aperta sposando le modalità operative di interconnessione della Mail Art. Gli giunge così d’oltreoceano l’eco di quell’esperienza irripetibile e dalla matrice neodada che è la New York School of Correspondence fondata da Ray Johnson. Questo fatto fa sì che lo si possa annoverare tra i protagonisti di questa caotica e variopinta compagine sovranazionale, per molti versi ancora da esplorare, denominata Mail Art.
Sarà così che il ricercatore attento potrà rintracciare il suo nome e il suo lavoro in riviste e pubblicazioni insospettabili come File Megazine insieme ad altri significativi esponenti della controcultura come Anna Banana, Bill Gaglione, John Held Jr., Chuck Welch (Crackerjack Kid), Shozo Shimamoto, o anche Vittore Baroni e Ruggero Maggi che hanno offerto a questa avanguardia liminale o meglio offstream contributi rilevanti.
Forse il contributo più significativo di Marcello alla Mail Art può essere considerato il ciclo delle Lettere al mittente, 1978-’82. Si tratta di un epistolario concettuale di oltre 200 missive spedite a vari destinatari del mondo dell’arte, soprattutto di artisti appartenenti e tendenze e generazioni differenti. I nomi dei destinatari, indicati sulle buste con scritture gestuali e alfabeti illeggibili, intendevano scandagliare i processi creativi attivi e passivi sottesi al viaggio postale della lettera. I postini fungevano da mediatori del recapito del messaggio sforzandosi di trovare una soluzione per far giungere al destinatario la missiva, riportandola così all’indirizzo del mittente che poi in realtà era il vero destinatario della lettera. All’interno della busta i destinatari avrebbero trovato un dono e un testo che richiedeva di rispedire la stessa, in quanto parte di un’operazione artistica, al vero mittente, cioè all’indirizzo di casa di Marcello Diotallevi. Tra le varie lettere inviate e che rappresentano uno spaccato epocale dell’arte di quegli anni e dei suoi esponenti, alcune vennero spedite anche a Marcel Janco, Allen Ginsberg, Francis Bacon, Joseph Beuys, Clemente Padin, Ben Vautier, Amelia Etlinger, Bruno Munari, etc.
La collezione di oltre 100 cartoline di Marcello Diotallevi qui in mostra può essere suddivisa in due categorie: alcune di esse sono nate come opere autonome altre invece sono state concepite dall’artista per rispondere a una funzione informativa riguardo la propria attività espositiva. Ne emerge un ritratto fatto di tessere di carta colorate che dà corpo all’intera poetica di Diotallevi dalla fine degli anni ’70 fino ad oggi. Dentro c’è tutto o quasi l’universo di Marcello: la scrittura gestuale e le Fiabe al vento in forma di aquiloni, i rapporti interpersonali e le amicizie, l’eros visto come forza creativa e come lusus, la pratica del network messa in atto prima della venuta del web e poi anche l’estetica coloratissima della grafica Post-Modern. Non ultima la cronaca del Covid, affrontata da performer, tutto ovviamente in forma di cartolina. Questo auto-ritratto lo si può cogliere per frammenti o tutto insieme tra l’apparizione e la dissolvenza. Si potrebbe anche aggiungere che esso sia coerente con la sua strategia disseminatrice, e forse anche un po’ dissipativa, che ha fatto sì che, attraverso meccaniche controllate solo in parte, le sue opere un tempo sparse nel mondo per via di relazioni e di corrispondenze postali oggi riaffiorino nelle catalogazioni del Getty o della Beinecke Library o ancora nella Suckner Collection dell’Università dell’Iowa o al MoMA.
A questo punto del ragionamento resta da chiedersi soltanto una cosa: ma queste cartoline affidate al vento sono fatte per restare o per scomparire?
Su questo Marcello Diotallevi, uomo di ragione ma anche di passione, non ha dubbi: “Sono fatte per restare…” e, aggiungerei, sono forme di una ricerca antiretorica che non si vuole fare monumento pronte a ricomparire quando meno lo si aspetta.
ARIANNA SARTORI - ARTE & OBJECT DESIGN
Mantova - Via Cappello, 17 - Tel. 0376 324260