1949 / 1979 / 2019: Peggy Guggenheim, la continuità di una visione.
Venezia, autunno 1949. “[..] organizzai in giardino una mostra di sculture più o meno recenti, ed il professor Giuseppe Marchiori, un critico piuttosto noto, scrisse l'introduzione al catalogo. Esponemmo un Arp, un Brancusi, un mobile di Calder; tre Giacometti, un Lipchitz, un Moore, un Pevsner e un David Hare che avevo nella mia collezione, ed un Mirko, un Consagra [..] c’era anche un Marino Marini, che avevo comprato a Milano direttamente dall'artista”.
Sono le parole di Peggy Guggenheim, tratte dalla sua autobiografia Una vita per l’arte (Rizzoli Editori, Milano, 1998). 70 anni fa la filantropa americana acquistava Palazzo Venier dei Leoni, la “splendida dimora non finita” sul Canal Grande, e qui organizzava la sua prima mostra di scultura contemporanea, aprendo per la prima volta le porte al pubblico. Da allora fece di Venezia la sua città, dopo Parigi, Londra e New York, fino alla sua scomparsa, il 23 dicembre del 1979, esattamente 40 anni fa. 1949 - 1979, due date cruciali che hanno segnato non solo la storia del museo, ma anche la storia dell’arte del XX secolo. Due momenti miliari che quest’anno la Collezione Peggy Guggenheim ricorda con un calendario espositivo che non perde mai di vista la figura della sua fondatrice, e con un’ampissima serie di attività gratuite aperte al pubblico, che si svolgeranno dentro e fuori il museo, volte ad attualizzare l’insegnamento coraggioso quanto innovativo di Peggy Guggenheim. Continuità di una Visione è il titolo del programma di Public Programs realizzato con il sostegno della Fondazione Araldi Guinetti, Vaduz.
In concomitanza con l’apertura di Dal gesto alla forma. Arte europea e americana del dopoguerra nella Collezione Schulhof (26 gennaio – 18 marzo 2019), a cura di Gražina Subelytė e Karole P.B. Vail, speciale presentazione della Collezione Hannelore B. e Rudolph B. Schulhof, donata dai coniugi Schulhof alla Fondazione Solomon R. Guggenheim e conservata a Venezia dal 2012, esposta quasi nella sua interezza, con le opere allestite sulla base degli sviluppi formali dell’arte del periodo postbellico, le sale di Palazzo Venier dei Leoni ospitano un originale riallestimento della collezione permanente.
In mostra la maggior parte delle opere acquistate da Peggy Guggenheim tra il 1938, quando a Londra apre la sua prima galleria Guggenheim Jeune, e il 1947, anno in cui si stabilisce a Venezia. Un allestimento che riflette fortemente l’interesse per il Cubismo, il Futurismo, la pittura metafisica, l’astrazione europea, la scultura d’avanguardia e il Surrealismo. Lavori che vennero acquisiti attraverso le amicizie e i consigli di artisti e intellettuali come Marcel Duchamp, lo storico dell’arte Sir Herbert Read e lo scrittore Samuel Beckett, che convinse Peggy a dedicarsi all’arte contemporanea poiché “vivente”. Negli spazi della barchessa del palazzo non mancano i dipinti degli espressionisti astratti americani, tra cui spiccano i capolavori di Jackson Pollock, il cui sostegno Peggy Guggenheim annovera come il suo maggior successo di mecenate e collezionista. E se questa presentazione getta luce sul collezionismo pre 1948, dal 21 settembre al 27 gennaio 2020, l’attesa mostra Peggy Guggenheim. L’ultima Dogaressa, a cura di Karole P.B. Vail, con Gražina Subelytė, celebrerà il collezionismo post 1948: dipinti, sculture e opere su carta acquisite tra la fine degli anni quaranta e il 1979.
Non mancheranno le opere di artisti italiani attivi dalla fine degli anni quaranta, come Edmondo Bacci, Tancredi Parmeggiani ed Emilio Vedova, e la produzione di alcuni artisti legati all’arte Optical (Op) e Cinetica, come Marina Apollonio, Alberto Biasi e Franco Costalonga. Un’opportunità senza precedenti, inoltre, di ricontestualizzare celebri capolavori come L’impero della luce (1953-54) di René Magritte, acquistato nel 1954, accanto ad opere meno note al grade pubblico di artisti come René Brô, Gwyther Irwin e Grace Hartigan, e di pittori di origine giapponese come Kenzo Okada e Tomonori Toyofuku, che dimostrano come l’interesse artistico della mecenate superò i confini di Europa e Stati Uniti.
Tra questi due grandi momenti che ripercorreranno a 360 gradi la storia del collezionismo di Peggy, si inserisce il prezioso omaggio a Jean (Hans) Arp, primo artista ad essere entrato a far parte della sua collezione con la scultura Testa e conchiglia (1933), acquisita nel 1938. Dal 13 aprile al 2 settembre 2019 la mostra La Natura di Arp, a cura di Catherine Craft e organizzata dal Nasher Sculpture Center, Dallas, proporrà una lettura suggestiva e a lungo attesa della produzione dell’artista franco-tedesco, il cui approccio sperimentale alla creazione e il ripensamento radicale delle forme d'arte tradizionali lo resero uno degli artisti più influenti del Novecento e il primo ad aver fatto breccia con la sua arte nel cuore della mecenate americana. Il tributo al collezionismo di Peggy Guggenheim proseguirà anche con la prima mostra del 2020, Migrating Objects: un’esposizione che farà luce su un momento cruciale, seppur meno conosciuto, della sua storia di collezionista, ovvero il suo interesse degli anni ’50 e ’60 per le arti dell’Africa, dell’Oceania e delle Americhe. L’allestimento sarà seguito da un comitato curatoriale che include studiose e curatrici provenienti da prestigiose istituzioni museali internazionali, insieme a Vivien Greene, Senior Curator, 19th- and Early 20th-Century Art, Guggenheim Museum e Karole P.B. Vail.
Non solo mostre. A corollario del programma espositivo, infatti, è lunga la lista di attività, eventi, conferenze, workshop, approfondimenti sulle orme di Peggy Guggenheim. Nel 1949, in occasione della mostra di scultura contemporanea, la mecenate apre la propria casa al pubblico, e così continuerà a fare fino al 1979, educandolo alla conoscenza di una delle più importanti collezioni d’arte del Novecento. Il programma di Public Programs Continuità di una Visione intende portare avanti la lezione della sua fondatrice e l’attuale mission della Collezione, ovvero divulgare i propri contenuti ad un pubblico quanto più eterogeneo per condividere lo straordinario potere educativo di questa disciplina nel formare e alimentare il pensiero critico. Programmi di accessibilità per non vedenti e ipovedenti incentrati sui grandi capolavori del museo; il progetto social “Point of View”, che darà voce al pubblico per raccontare il proprio punto di vista sul museo e sulle opere più amate; un’iniziativa partecipativa atta a ricostruire la figura di Peggy Guggenheim attraverso la memoria collettiva nella comunità locale. E ancora, tre conversazioni con tre donne, filantrope e collezioniste visionarie, che hanno fatto dell'arte la loro missione come impegno personale nei confronti della società: Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, Presidente dell’omonima Fondazione torinese, tra le figure di maggior spicco del collezionismo italiano e internazionale, Lekha Poddar, della Devi Art Foundation (Dehli, India), attiva nel panorama artistico medio-orientale, Francesca Thyssen-Bornemisza (von Habsburg), fondatrice di Thyssen-Bornemisza Art Contemporary, tra le maggiori collezioni d’arte contemporanea in Europa. Tre donne che, come Peggy Guggenheim, possono essere d’ispirazione per le generazioni future.
“Mia nonna Peggy ha creato a Venezia uno spazio di libertà”, ricorda la direttrice Karole Vail. E tale oggi deve essere. Uno spazio d’incontro e di scambio perché dall’educazione all’arte e dalla forza catalizzatrice del processo creativo delle avanguardie si possa comprendere e interpretare il nostro presente. Come Peggy collezionò l’arte del suo tempo, oggi noi conversiamo con il pubblico del nostro tempo. E in questo impegno ad educare e sensibilizzare al presente rientra anche la collaborazione, nata lo scorso anno, tra la Collezione e ASviS, l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile che si occupa di promuovere i 17 Obiettivi dell’agenda 2030 delle Nazioni Unite, per affrontare i temi urgenti della contemporaneità attraverso la lente dell’arte.