PANE E LIBERTA' - Vita di Giuseppe Di Vittorio

Miniserie domenica e lunedì sul padre del sindacalismo italiano

Pierfrancesco Favino sarà protagonista domenica e lunedì di “Pane e Libertà” su Raiuno, la miniserie che racconterà la vita del padre del sindacalismo italiano: Giuseppe Di Vittorio. Da povero contadino analfabeta di Cerignola, Di Vittorio aveva un grande sogno, ossia che i diritti di tutti i lavoratori fossero rispettati. E, dalla Puglia, Di Vittorio è diventato un uomo importante in politica. «Sono contento che persone come Gianfranco Fini e Nichi Vendola abbiano capito questo film - ha detto in conferenza stampa il produttore Carlo Degli Esposti - persone di destra e di sinistra hanno lo stesso sudore e gli stessi problemi. Non è un personaggio “di qualcuno”, rappresenta tutti».
Giuseppe Di Vittorio e Favino in una elaborazione grafica di Leonardo Basile
La miniserie è stata presentata in anteprima alla Camera e subito dopo in Puglia. «Per me la Puglia rappresenta da un lato un crocevia di popoli, viandanti, pellegrini, marinai e dall’altro la terra che ha inventato la dignità del lavoro - ha spiegato Nichi Vendola, Presidente Regione Puglia - Di Vittorio in questo è stato un ottimo interprete, oggetto di religiosità laica e popolare. Chi è pugliese è cresciuto sui racconti su Di Vittorio. I nostri padri ce lo raccontavano. Da terra aspra e miserabile s’è costruita una parabola molto bella: quella di non togliersi la coppola davanti al padrone. Questo è un gesto di autonomia intellettuale, non di sfregio o di odio. La differenza rispetto al passato è che ora i braccianti poveri hanno spesso la pelle nera ed è difficile garantire loro gli stessi diritti».

Il film è una coproduzione Rai Fiction - Palomar Endemol ed è stato realizzato anche grazie alla collaborazione di Regione Puglia e Apulia Film Commission. Le musiche sono state composte, orchestrate e dirette da Ennio Morricone. «A me interessano i caratteri e le anime più che raccontare la storia - ha commentato il regista Alberto Negrin - e quella di Peppino era una grandissima anima. Per questo la fiction per me è un western: perchè racconta un’avventura. Gli scontri che lui affronta sono assoluti, totali. Il nemico che combatte è per la vita o per la morte. E la storia di Peppino è di questo tipo: sin dall’inizio lui mette in gioco tutto».

Presente alla conferenza anche la figlia del sindacalista Di Vittorio. «È difficile raccontare in poche parole la grande storia umana di mio padre, che ha lasciato un’impronta profonda - ha detto Baldina Di Vittorio - fondamentali nella sua vita sono state le sue origini. Il suo iniziare ad alzare la testa sin da piccolo, con la morte del padre. Mio padre capì che l’istruzione era necessaria per elevare se stesso e gli altri, per avere dignità. Una costante nella sua vita è stata la continua ricerca di miglioramento e il valore della cultura. Da questa consapevolezza è nata la comprensione che per vincere sia indispensabile organizzarsi. Le leghe, le camere del lavoro sono state un’intuizione che ha avuto immediatamente. Da ragazzo ha capito l’importanza dell’unità».

La donna, ottantottenne, è stata soddisfatta dall’interpretazione di Favino e dalla regia di Negrin. «Favino ha interpretato mio padre in modo straordinario. Tanti registi e sceneggiatori avevano pensato di raccontare la sua storia in un film. Ma l’idea mi ha sempre terrorizzato. Avevo paura che la vita di mio padre, così piena di cose, venisse mostrata con retorica eccessiva».

Ad aiutare il protagonista nell’interpretazione sono state anche le sue origini. «La passione per la Puglia, dove sono nati i miei genitori, è stata fondamentale. Sono contento che un meridionale venga raccontato in questi termini. Questa cosa del non togliersi la coppola, il senso di attesa di un bene superiore che possa cambiare le cose che riesce a dare questo semplice gesto traduce la sensazione che pervadeva Di Vittorio. Io credo che questa fiction e la figura di quest’uomo siano esemplari per il racconto dell’onestà. Non è un film nostalgico, contro la politica di oggi. Io quando ho finito di vederlo ho pensato: “Posso dire, andando a letto, che oggi ho fatto il mio dovere?”. La sua storia fa capire come la possibilità di credere in un sogno abbia bisogno dell’impegno di tutti».



Nonostante Giuseppe Di Vittorio sia una figura di cui non tutti conoscono l’importanza, il regista è convinto che anche i giovani saranno in grado di apprezzarla. «Io penso che i ragazzi possano commuoversi se si identificano con questo bambino povero che, soltanto attraverso la sua volontà - ha sottolineato Negrin - ad esempio comprandosi un dizionario con i primi soldi guadagnati, da analfabeta è diventato una persona colta e rappresentante a Washington del sindacato mondiale. Allo stesso modo, un precario di oggi potrebbe diventare Presidente degli Stati Uniti».
Di Vittorio per chi ha vissuto in Puglia ha rappresentato moltissimo. «Mi ha colpito che nelle case di Cerignola, al posto dei santini, ci fosse la foto di Di Vittorio - ha raccontato lo sceneggiatore Pietro Calderoni - quando gli uomini del sud partivano per andare a lavorare nelle fabbriche del nord si portavano dietro la sua fotografia».

Più volte nel corso della conferenza si è parlato del fatto che “Pane e libertà” non sia un attacco alla politica dei nostri giorni. «Io se proiettano un film con Volonté non mi sento un incapace - ha detto Favino in proposito - ma capisco di dover prendere esempio da lui, mi chiedo cosa posso fare per avvicinarmi alla sua bravura. Allo stesso modo, dunque, non vedo questo film come un attacco alla politica attuale, ma come un modello da seguire. Poi magari io posso anche tentare di avvicinarmi a Volonté e scoprire di non essere in grado».

fonte : La STAMPA

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