Francesco Porcelli - Ombre Celesti

Mostra personale di Francesco Porcelli a cura di Roberto Eduardo Maria Mazzarago presso 'Le Muse Giovani', in Via Marconi 22 ad Adelfia (Ba), fino al 4 marzo. Catalogo a cura di Daria Toriello con testi critici di Nicola Silvestri, Enrica Cavallo e Giuseppe Modica.

Il disegno è la più diretta e immediata forma di espressione, la più vicina al 'concetto'.
Esso presiede anche alla genesi e segue costantemente l’evoluzione delle varie forme di scrittura.
Sarà per questo che la grafica di Francesco Porcelli assomiglia incredibilmente ad una pagina di prosa.
Le dieci opere presenti in mostra rivelano uno sguardo impassibile sulla realtà, irresistibilmente attratto dalle linee di confine tra terra e mare, tra terra e cielo, in un’atmosfera sospesa, arida e desertica che sembra promettere la rivelazione del noumeno, la realtà in sé, disadorna ma essenziale.
Nasce da questa attesa fervida la pietà per ciò che si scorge: vaste e serpentine fasce di detriti, residui di una presenza umana ormai svanita col suo carico di disillusione, un paesaggio maculato di rovine industriali che infetta le profonde ferite inferte alla Madre Terra.
Laggiù il cubo di una rimessa assediato da una luce cruda dentro il quale palpita un’ombra scura e fresca; più oltre un sito scabro punteggiato di incongrui arbusti fossili, appare simile ai paesaggi delle carte lunari, al centro del quale si leva lo stelo di un palo solitario.
L’uomo è assente, parlano di lui i fitti segnali della sua presenza: la minacciosa e sgangherata selva di antenne puntata verso il cielo che sembra alludere alla ricerca di un’altra possibilità dell’essere, non più nella Natura. Si distinguono appena gli aulici relitti architettonici posti programmaticamente sullo sfondo a significare l’improbabilità di un ritorno; dialogano con loro, in primo piano, massi erratici composti in suggestivi gruppi, cosparsi di ciarpame da discarica, cespugli e arbusti stentati, pietrisco frantumato e rimescolato dagli elementi, prosciugato.
Porcelli evita, però, la retorica pop di tanta contemporaneità , non si abbandona all’estetica variopinta e ammiccante dell’arte del riciclo ma affoga tutto nel severo monocromatismo dell’acquaforte, del carboncino, della grafite.

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