Il QUANTOBASTA di Claudia Giannuli

Mostra personale della scultrice Claudia Giannuli, a cura di Roberta Fiorito, Nico Murri e Francesco Paolo Del Redal 11 febbraio al 11 Marzo presso 'Fabrica Fluxus Art Gallery', in Via Celentano 39 a Bari. Undici lavori chiusi in teca, in cornice ma anche in campane di vetro di mediterranea e sacra memoria oltre ad una video installazione curata da Nico Murri.

“Frammenti che congelano istanti di una narrazione che, procedendo per singoli episodi, parlano della crudele banalità del quotidiano, di frustrazioni e fallimenti, di torbidi sentimenti, senza mai cadere nel patetico ma spesso con ironia, disillusione e anche un pizzico di cinismo. Sculture, quindi, o meglio: microcosmi, osservati come da un cannocchiale rovesciato, a cui ci si avvicina con delicatezza e in religioso silenzio, e con la fragilità della ceramica e dei vetri cristallini, con la minuzia, quasi maniacale, con cui ogni particolare è curato, ti sussurrano sotto voce e poi lentamente si insinuano e si sedimentano. Queste scatole della memoria ci parlano attraverso “figurine” fortemente semplificate, cifra stilistica che caratterizza il lavoro della Giannuli, essenziali quasi come se il tempo che è passato abbia attuato una sorta di inevitabile stilizzazione che ha lasciato e fatto ricadere solo l’essenza delle “cose”. E le “cose” possono essere tante e affastellate come sul tavolo di “ Tick Tick Tick ” o sotto la gonna de “La vecchia”, oppure semplicemente un paio di forbici sul pavimento, o una goccia di sangue che stilla da un cuore tenuto a guisa di trofeo. Gesti ed espressioni che in qualsiasi caso funzionano come delle micce che innescano epifanie e rimandi. Catalizzatori di memorie e ricordi che sono dell’autrice ma che parlano un linguaggio universale, riferiscono ad un immaginario collettivo.

Analizzando i lavori di Claudia, figlia di questa età contemporanea cresciuta a "pane e internet", salta all’occhio come i numerosi input iconografici, la modalità di composizione e realizzazione dei lavori, attingano a piene mani tanto dalla cultura “alta” quanto da quella “popolare” e dalla cultura di massa senza soluzione di continuità. Recupera un immaginario tradizionale e sacro mescolato a stilemi neo pop derivati dai cartoon e dai manga giapponesi. C’è poi una forte componente “ludica”, non affatto trascurabile. Se già iconograficamente il riferimento al gioco “delle bambole”, dalle classiche casette a Barbie ai più moderni videogiochi, è lampante, non è da sottovalutare il valore simbolico e metaforico che questa scelta assume. Nel tentativo di risistemare e mettere ordine nella moltitudine di sensazioni e memorie, stereotipi e cliché, l’operazione di “miniaturizzazione” del mondo diventa il mezzo attraverso il quale Claudia riesce a prenderne il controllo, ad impossessarsi di paure e inquietudini rendendole così addomesticate per poterle, poi, liberamente ricomporre.

Il gioco diventa, quindi, un tramite attraverso il quale l’artista dà voce a condizioni emotive e sociali burlandosi dello stereotipo e del cliché con l’ironia di chi si sente, in fondo, chiamato in causa.  Il tutto, però, è ben lontano dall’essere assimilabile ad un diario di confessioni autobiografiche o a sfoghi passionali; è un racconto feroce, quello che la Giannuli mette in scena, trattato, certo, con delicatezza, avvolto da delicati toni fiabeschi e onirici che riferiscono ad una sensibilità quasi neo-naive e neofolk, ma giocoso fino in fondo e per questo inevitabilmente crudele.”

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